I Grandi Poeti di tutti i Tempi Pagina 1 - 2 - 3 - 4 - 5
"Appena seppi, solamente, che esistevo
e che avrei potuto essere, continuare,
ebbi paura di ciò, della vita,
desiderai che non mi vedessero,
che non si conoscesse la mia esistenza.
Divenni magro, pallido, assente,
non volli parlare perché non potessero
riconoscere la mia voce, non volli vedere
perché non mi vedessero,
camminando, mi strinsi contro il muro
come un'ombra che scivoli via.
Mi sarei vestito
di tegole rosse, di fumo,
per restare lì, ma invisibile,
essere presente in tutto, ma lungi,
conservare la mia identità oscura,
legata al ritmo della primavera."
Pablo Neruda
Pablo Neruda (1904 - 1973)
Premio Nobel per la Letteratura nel 1971 iniziò a pubblicare articoli e poesie con lo pseudonimo di Neruda perchè il padre non approvava la sua vena creativa. Lavorando come diplomatico per il Cile viaggiò molto componendo e pubblicando numerose opere con un stile moderno, ispirato al surrealismo ma molto personale. Fu durante gli anni passati in Spagna che, contrario al regime di Franco, si avvicinò all'ideologia comunista venne eletto senatore in Cile nelle fila del partito comunista, ma in seguito a violenti dissidi con il candidato a presidente Videla fu costretto all'esilio e tornò solo con la candidatura a presidente della repubblica di Allende e prese posizione contro la guerra de Vietnam e l'imperialismo nordamericano. L'amarezza dei suoi ultimi mesi di vita fu vedere l'ascesa di Pinochet e assistere alla morte di Allende. La sua capacità di esaltare i sentimenti dell'uomo in un contesto di impegno civile e di imperativo morale ne fanno uno tra i più importanti intellettuali del XX Secolo.
"In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.
Sino all’essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini, degli avvenimenti,
sentire, amare, vivere, pensare,
effettuare scoperte.
Oh, se mi fosse dato, se potessi
almeno in parte,
mi piacerebbe scrivere otto versi
sulle proprietà della passione.
Sulle trasgressioni, sui peccati,
sulle fughe, sugli inseguimenti,
sulle inavvertenze frettolose,
sui gomiti, sui palmi.
Dedurrei la sua legge,
il suo cominciamento,
dei suoi nomi verrei ripetendo
le lettere iniziali.
I miei versi sarebbero un giardino.
Con tutto il brivido delle nervature
vi fiorirebbero i tigli a spalliera,
in fila indiana, l’uno dietro l’altro.
Introdurrei nei versi la fragranza
delle rose, un alito di menta,
ed il fieno tagliato, i prati, i biodi,
gli schianti della tempesta.
Così Chopin immise in altri tempi
un vivente prodigio
di ville, di avelli, di parchi, di selve
nei propri studi.
Giuoco e martirio
del trionfo raggiunto,
corda incoccata
di un arco teso."
Boris Pasternak
Boris Pasternak (1890 - 1960)
Premio Nobel per la Letteratura nel 1958 Pasternak crebbe in un ambiente familiare intellettuale che lo spronò allo studio della musica, della filosofia e della poesia, cui si dedicò fin da giovanissimo con composizioni di stampo simbolista e futurista. La scrittura del "Dottor Zivago", testimonianza personale degli anni della Rivoluzione d'Ottobre gli causò l'ostracismo del governo e la pubblicazione avvenne fuori dagli Stati Uniti, in Italia, solo nel 1957 diventando immediatamente un caso letterario e portando Pasternak al premio Nobel, premio che si vide costretto a rifiutare per non dover subire l'esilio dal proprio paese. Solo nel 1988 , durante l'era Gorbaciov, il i"Dottor Zivago" fu finalmente pubblicato anche in Russia.
"O mia amata, fra i dolenti affanni così folti sul mio terrestre sentiero - triste, ahimè! - dove mai non cresce un fiore, mai alcuna rosa solitaria - trova sollievi almeno l'anima mia in molti sogni di te: e conosce allora un Eden di blando riposo. Così, dal ricordo di te si distilla in me un'isola d'incanto, lontana, in mezzo a un tumultuante mare - fremente oceano e immenso, esposto ad ogni tempesta - nel mentre che, intanto, i più sereni cieli, continuamente, solo sorridono su quell'isola fulgente."
Edgar Allan Poe
Edgar Allan Poe(1809 - 1849)
Figura di primo piano nella letteratura nordamericana, anche cresciuto in Inghilterra e quindi fortemente influenzato dalla cultura europea di quegli anni, Poe è stato un precursore di generi e stili, creando un universo personalissimo ed unico. Echi dello stile gotico si ritrovano nelle sue composizioni, ma anche germogli di quello che sarà il decadentismo e il simbolismo. Il romanzo giallo fa con Poe un salto di qualità e approda a quell'approfondimento psicologico che sarà perno della letteratura del Novecento, incantando i lettori con le atmosfere cupe e inquietanti. La sua vita privata fu altrettanto tormentata e costellata da crisi depressive e delusioni sentimentali. Tra le sue opere più famose ricordiamo "Storia di Arthur Gordon Pym", "I delitti della Rue Morgue" il sui protagonista investigatore Auguste Dupin è considerato il capostipite dei più famosi investigatori letterari, "Il corvo" e "Il pozzo e il pendolo".
"Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia."
Jacques Prévert
Jacques Prévert (1900 - 1977)
Nato in Bretagna ma cresciuto artisticamente nella Parigi degli anni Venti e in stretti contatti con gli esponenti del Surrealismo Prevert è stato autore poliedrico e prolifico, passando con disinvoltura dalla poesia al teatro alla sceneggiatura (fra le più celebri "Il porto delle nebbie" e "Gli amanti perduti"). Le sue poesie hanno un ritmo recitativo, attento alla assonanza di parole quotidiane, e le tematiche ricorrenti sono quelle dell'amore in ogni sua forma e della libertà - simbolizzata dalla figura di un uccello che torna sovente nelle sue rime - e il superamento dell'ipocrisia e delle regole della società attraverso rime ribelli ed anarchiche. La sua opera poetica più famosa, Paroles, è del 1946.
"Tramontata è la luna e le Pleiadi a mezzo della notte
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero."
Saffo
Saffo (640 a.C. - 570 a.C.)
La poetessa greca nacque nell'isola di Lesbo da una famiglia aristocratica e anche se della sua vita si hanno poche notizie certe si sa che si dedicò all'istruzione di giovani fanciulle, educandole alla poesia, alle arti e al canto. Si posò ed ebbe una figlia cui dedicò versi ispirati. La notorietà di Saffo, legata alle sue liriche di stampo omosessuale vanno però contestualizzate nel'antica Grecia dove i rapporti omosessuali - soprattutto fra allievo e maestro - erano notoriamente praticati e in quest'ottica, e soprattutto nel suo ruolo di magister le sue poesie hanno il valore dell'esaltazione romantica dell'amore, in ogni forma conosciuta. Sono versi dedicati alle emozioni che il sentimento amoroso suscita, incentrati sul turbamento e sull'aspettativa che l'amore suscita nel cuore degli esseri umani. La sua fama fu immensa anche fra i suoi contemporanei e tra i suoi massimi ammiratori si ricorda Solone. La sua opera più ispirata e famosa è "Inno ad Afrodite".
"Non ho bisogno di tempo
per sapere chi sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui tu taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all'indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azioni a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile."
Pedro Salinas
Pedro Salinas (1891 - 1951)
Abbandonati gli studi di legge Salinas si dedicò alla filosofia, alla letteratura diventando dopo la laurea professore alla Sorbona di Parigi, a Cambridge e negli Stati Uniti dove visse i suoi ultimi anni. Le sue prime liriche furono incentrate sulla quotidianità della vita moderna, sugli oggetti come metafore dell'esistenza, poi si dedicò a composizioni più intimiste, dedicate all'amore e alla visione idealizzata dei sentimenti, per poi concludere la sua fase creativa con esperimenti che vanno dai saggi ai romanzi alle opere teatrali.
"La pace
La pace che sgorga dal cuore
e a volte diventa sangue,
il tuo amore
che a volte mi tocca
e poi diventa tragedia
la morte qui sulle mie spalle,
come un bambino pieno di fame
che chiede luce e cammina.
Far camminare un bimbo è cosa semplice,
tremendo è portare gli uomini
verso la pace,
essi accontentano la morte
per ogni dove,
come fosse una bocca da sfamare.
Ma tu maestro che ascolti
i palpiti di tanti soldati,
sai che le bocche della morte
sono di cartapesta,
più sinuosi dei dolci
le labbra intoccabili
della donna che t'ama."
Alda Merini
Alda Merini (1931 – 2009)
La poetica di Alda Merini è strettamente legata alla sua vita, all'esperienza straziane del disturbo mentale e ai numerosi ricoveri in ospedali psichiatrici che hanno accompagnato la sua esistenza. E nonostante tutto la vita esplode nelle sue liriche, la sensazione struggente di non appartenere al vivere comune ("mi sono accorta che cantavo in un'orchestra che non aveva voci") la sofferenza mai taciuta, mai rimossa, sempre accolta nelle sue strofe con una tenerezza lancinante. Feconda e poliedrica la sua produzione è stata conosciuta negli ultimi anni grazie al passa parola di amici ed intellettuali che sono impegnati a far conoscere la sua arte. "Terra Santa" è una della sue opere più note, ma vanno ricordate anche "La pazza della porta accanto" e "L'altra verità - Diario di una diversa" opere in cui il verso è libro, bisognoso della voce più che della parola scritta, un fluire coraggioso e sincero di emozioni universali e personalissime.
"Anche se molto è stato preso, molto aspetta.
Non siam la forza più che nei giorni lontani
muoveva la terra ed il cielo: noi, siamo quello che siamo:
una tempra d'eroici cuori, sempre la stessa:
in lottare e cercare e trovare
né cedere mai."
Alfred Tennyson
Alfred Tennyson (1809 - 1892)
Il "poeta laureato" (il poeta ufficiale incaricato di comporre odi per eventi storici in Inghilterra) ebbe difficoltà a far capire la sua grandezza ad inizio della sua carriera e per oltre dieci anni si rifiutò di pubblicare le proprie opere, ispirate dalla mitologia, dall'orgoglio, dal valore morale dell'uomo. Il suo capolavoro - "In memoriam A.H.H.) è dedicato all'amico fraterno Arthur Hallam, morto giovanissimo. Ebbe una lunga vita e continuò a scrivere versi fino alla fine. La sua tomba è nell'Abbazia di Westminster di Londra.
"L'uomo solo ascolta la voce calma
con lo sguardo socchiuso, quasi un respiro
gli alitasse sul volto, un respiro amico
che risale, incredibile, dal tempo andato.
L'uomo solo ascolta la voce antica
che i suoi padri, nei tempi, hanno udita,
chiara e raccolta, una voce che come il verde
degli stagni e dei colli incupisce a sera.
L'uomo solo conosce una voce d'ombra,
carezzante, che sgorga nei toni calmi
di una polla segreta: la beve intento,
occhi chiusi, e non pare che l'abbia accanto.
È la voce che un giorno ha fermato il padre
di suo padre, e ciascuno del sangue morto.
Una voce di donna che suona segreta
sulla soglia di casa, al cadere del buio."
Cesare Pavese
Cesare Pavese (1908 - 1950)
Uno dei più grandi artisti del Novecento letterario italiano ha dato voce alla solitudine, all'inquietudine, alla realtà che si nasconde dietro la realtà, perchè ciò che Pavese ha sempre rappresentato era oltre il racconto proposto, nascosto tra le pieghe delle pagine, incastonato nel suo stile scarno e intenso. Il mito, inteso come il recupero attraverso la memoria del lato oscuro della vita, va raggiunto attraverso il simbolo che , come dice Pavese stesso "è un legame fantastico che tende una trama sotto il discorso...". la sua storia personale, fatta di grande passione letteraria giovanile che lo porterò ad essere il traduttore di grande scrittori americani come Steinbeck e l'impegno intellettuale e politico non riusciranno però a far superare allo scrittore quel disagio del vivere che così bene ha descritto nel "Mestiere di vivere" diario sincero e struggente della sua esistenza che si concluse tragicamente con i suicidio. Tra le sue opere più famose "La luna e i falò", "Bella estate" e "feria d'agosto".
"La Crudeltà ha Cuore Umano E Volto Umano la Gelosia Il Terrore, l’Umana Forma Divina E Veste Umana la Segretezza La Veste Umana, è Ferro forgiato La Forma Umana, un’incandescente Forgia Il Volto Umano, una Fornace sigillata Il Cuore Umano, la sua Gola famelica."
William Blake
William Blake - (1757-1827)
"L'immaginazione non è uno stato mentale: è l'esistenza umana stessa. ". Questa affermazione di Blake ci presenta la sua visione della realtà e la sua interpretazione di essa attraverso la poesia e la pittura, visionarie e di difficile interpretazione, tanto che ai suoi contemporanei risultò difficile apprezzarli e decifrarli. Sia pure cresciuto nell'epoca del Romanticismo Blake ne sentiva i limiti e cercò una forma espressiva nuova, che potesse avere tutta la potenza della sua stravagante creatività. Al centro della sua poetica c'è infatti l'immaginazione, unico strumento per superare il confine della realtà e poter così arrivare alla piena comprensione dell'infinito. ("Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all'uomo come in effetti è, infinito", frase che spiega la sua poetica è tanto attuale quanto poco inquadrabile in qualunque movimento letterario). Famosissime le sue illustrazioni dell'Inferno di Dante Alighieri.