La Felicità Brilla nel Buio
Capitolo 1
“Mamma…". "Sì, che succede tesoro?". Marina si alzò dal divano per andare verso il figlio Marco che stava entrando in salotto. Spense il televisore senza rammarico, il film che stava guardando non era molto interessante e poi ultimamente non riusciva a concentrarsi a lungo, inevitabilmente i suoi pensieri volavano via. "Perché ti sei alzato? ti senti male forse?" chiese alzandosi. Lo prese in braccio per non fargli prendere freddo - aveva i piedini nudi - e si avviò verso la camera del bambino. "Mamma, è vero che tu e papà vivete insieme solo perché lui è un politico e quindi non potete dividervi?" domandò Marco con espressione triste. Marina rise divertita e gli scompigliò i capelli. “Che discorsi seri per un ragazzino di otto anni! Ma come ti è venuta in mente una cosa del genere?”. "Oggi a scuola ho sentito due signore che lo dicevano... che vuol dire che non potete dividervi perché papà è un politico?" insistette Marco. "Non vuol dire niente, e poi non è la verità... io e papà ci vogliamo bene e ne vogliamo tantissimo a te, e questo è quello che conta, non le chiacchiere di quelle signore, capito ometto?" disse Marina con il tono più convincente possibile. Diede un bacio a Marco e lo rimise nel suo lettino. |
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"Allora non vi separate come la zia Daniela e lo zio Ottavio? io non voglio stare con uno solo di voi due!" mormorò con voce angosciata il bambino stringendo la mano di Marina.
"Non preoccuparti, noi ti vorremo sempre tanto bene e non ti lasceremo mai solo…” lo rassicurò Marina sorridendo .
"Ma perché quelle signore dicevano quelle cose?" insisté poco convinto Marco.
" Non posso saperlo mio caro signor perché! forse sono solo invidiose della tua bellissima mamma! Pensi anche tu che io sia una bella mamma, vero?" scherzò Marina per distrarre Marco.
"Oh certo, sei la più bella mamma del mondo, più bella anche del mostro spaziale che mi ha comprato ieri papà!". Marco buttò le braccia al collo della madre che si era seduta accanto a lui e la strinse forte.
"Che bel complimento! " rise di gusto Marina "adesso però dormi, o domattina avrai sonno...". Baciò Marco e gli rimboccò le coperte.
"Dove è papà, mamma?" chiese lui poco prima di dormire con la voce assonnata.
"Aveva una riunione di lavoro, ma fra poco sarà a casa... non preoccuparti, dormi ora..." rispose Marina accarezzandogli i capelli. Lui sbadigliò e chiuse gli occhi. Dopo pochi istanti Marco era già nel mondo dei sogni.
Beato te - sospirò Marina uscendo in silenzio dalla stanza del figlio,- io ho smesso di sognare da così tanto che non ricordo neanche più come si fa!
Tornò in salotto, spense le luci e si avviò verso la propria camera, camminando lentamente lungo il corridoio buio e silenzioso. Marina odiava quell'enorme casa dove ormai non c'era più spazio per l’amore e il rispetto, ma solo per menzogne e finti sorrisi. Sapere che Marco aveva ascoltato quei discorsi l'aveva riempita di rabbia, lei e Cristiano avevano fatto di tutto per non far capire al figlio lo stato di tensione che c'era fra loro, ma era la pura verità purtroppo e le chiacchiere nel loro ambiente non facevano che aumentare giorno dopo giorno. Anni prima, quando si erano accorti che il loro amore era finito lei gli aveva proposto di separarsi, di non continuare quella assurda recita, ma lui le aveva chiesto di avere pazienza, spiegandole che era in un momento importante della sua carriera e che una separazione lo avrebbe danneggiato. Marina aveva acconsentito pur non essendo d’accordo e gli aveva promesso che avrebbe aspettato. Poi la carriera di Cristiano era andata avanti brillantemente e lui aveva continuato a chiederle tempo. Da allora erano passati cinque anni, e in quel momento lui era sicuramente nel letto di qualche sgualdrina, altro che riunione di lavoro. Ma perché non lo pianto ugualmente? - si chiese poco dopo a letto - perché non prendo Marco e me ne vado? La risposta era proprio nel fatto che il piccolo non avrebbe accettato serenamente una separazione dei genitori e probabilmente sarebbe entrato in crisi. Per questo Marina aspettava che suo figlio crescesse, che si sentisse più sicuro e più autonomo. Aveva fatto questa scelta serenamente, e serenamente la accettava, anche se intanto gli anni passavano e la tristezza e la solitudine a volte la assalivano, rendendola apatica e rassegnata. Quella sera però c’era qualcosa in più. C’era la consapevolezza che Marco di lì a poco avrebbe preteso una risposta più convincente e non sarebbe stato facile a continuare a mentire. Meglio non pensarci ora -si disse prima di dormire - dopo le elezioni parlerò chiaro a Cristiano e insieme spiegheremo tutto a Marco, pian piano si abituerà alla situazione, da quando siamo tornati dalle vacanze mi sembra che sia meno attaccato a noi che in passato...
La sveglia suonò alle sette. Marina si alzò rapidamente e aprì le finestre. Il cielo era grigio, prometteva pioggia e il suo umore era perfettamente intonato a quel cielo, ma l'idea che tra poco sarebbe stata al lavoro la rendeva più serena: quella era la sua isola felice, la sua ciambella di salvataggio, il luogo dove veniva valorizzata e apprezzata per le sue capacità. Andò in bagno e aprì l'acqua della doccia. Si tolse la camicia da notte di seta grigio perla e legò i capelli, capelli rosso acceso lunghi fino alle spalle e ondulati. Quando era piccola odiava quei capelli così appariscenti, tutti la chiamavano "la rossa" e lei costringeva sua madre a tagliarglieli cortissimi perché si notassero il meno possibile, ma poi con gli anni aveva cominciato ad apprezzarne l’originalità e ora non ne avrebbe cambiato il colore per niente al mondo. Li portava non molto lunghi, ma scalati ed essendo naturalmente mossi si notavano parecchio. Sentì l'acqua con una mano e si lasciò investire dal getto potente. Dopo qualche minuto uscì e si avviò a prendere l'accappatoio. Passando davanti allo specchio si guardò: a trentatré anni aveva ancora un corpo stupendo, scattante e agile come una adolescente. Le lunghe gambe magre erano muscolose al punto giusto, il seno ancora florido nonostante avesse allattato Marco per più di otto mesi e anche il viso non era cambiato molto nel corso degli anni, i grandi occhi verdi splendevano sulla pelle chiarissima caratterizzata da una manciata di lentiggini a cavallo del naso e la bocca piccola ma carnosa era rossa e morbida. Eppure Marina guardandosi non trovò nessun motivo per rallegrarsi: si sentiva triste e spenta dentro, senza interessi ed entusiasmi e non riusciva a vedere niente di bello neanche nel proprio futuro. Per fortuna che ho Marco! – si disse distogliendo lo sguardo da se stessa – il suo sorriso mi ripaga di ogni sacrificio e mi da la forza di andare avanti…
E proprio pensando a lui e alla colazione che doveva preparargli si asciugò rapidamente e si infilò un paio di pantaloni di tasmania grigio fumo e una camicia di seta bianca. Era marzo e cominciava a far caldo, con la giacca del tailleur sarebbe stata bene. Si truccò leggermente, solo un po' di mascara e un rossetto chiaro. Era sempre stata a detta di tutti una bellissima ragazza prima e una stupenda donna poi quindi poteva permettersi il lusso di truccarsi poco. A volte il fatto di essere tanto bella la imbarazzava e non poche volte le era capitato di sentirsi quasi offesa se mentre parlava con qualcuno notava lo sguardo del suo interlocutore scendere istintivamente sulle gambe o sulla scollatura del vestito. Forse per questo le era piaciuto Cristiano, che all'inizio della loro storia non la aveva corteggiata in modo tradizionale. Quando si erano conosciuti la loro attrazione era stata immediata e proprio questo era stato il loro maggiore errore, credere di conoscersi profondamente solo perché innamorati. Col passare del tempo infatti Marina aveva scoperto in lui un arrivismo smisurato, un'ambizione a dir poco fastidiosa, un amore per la propria carriera - forse l’unico vero amore - in nome del quale era disposto a sacrificare tutto e tutti. Scacciò questi pensieri e andò a svegliare Marco: lo avevano fortemente voluto quel figlio e lo amavano entrambi moltissimo, ma era ormai l'unico punto di contatto tra loro. E Marco era unbambino così fragile e insicuro che a volte Marina temeva che fosse in qualche modo vittima del gelo che c'era fra lei e Cristiano, anche se apparentemente i loro rapporti erano estremamente cortesi e sereni. Le liti facevano ormai parte del passato, come tutto il resto.
"Marco... Marco, sono le sette e mezzo, svegliati...". Marina aprì un po' la finestra e si avvicinò al letto del bambino.
"Hosonno..." bofonchiò Marco.
"Anche io, ma ci si deve alzare lo stesso, coraggio... salta fuori che ti preparo il latte...".
"Vai all'istituto stamattina mamma?" chiese Marco sbadigliando.
"Sì, certo, perchè?" si stupì della domanda Marina.
"Perchè se io stessi lì potrei vederti tutte le mattine..." replicò lui imbronciato.
Marina si inginocchiò e prese le mani di Marco nelle proprie. "Tesoro, tu sai che i bambini dell'istituto sono molto più sfortunati di te, io cerco di aiutarli a guarire, a stare meglio... non devi essere geloso di loro, capisci?" gli spiegò Marina accarezzandogli la testa.
"Sì, però tu stai con loro lo stesso..." piagnucolò Marco.
"Non pensi che sia bello che anche dei bambini meno fortunati di te possano essere aiutati, possano avere qualcuno vicino?" cercò di convincerlo Marina.
“Sì, ma io ti vorrei sempre con me…” si lamentò Marco .
"Ma tu la mattina sei a scuola, sarei io a rimanere sola, e poi ricordati una cosa, a volte i grandi possono essere impegnati durante il giorno, proprio come me o papà, ma questo non significa che ti vogliamo meno bene, l'importante è che quando siamo insieme siamo felici, facciamo quello che ci piace, parliamo, giochiamo...non sei d'accordo? e ora vatti a lavare o faremo tardi tutti e due! " lo spronò Marina.
"Un giorno però mi porti all’ istituto con te! " insisté Marco.
"E va bene, un giorno ti porto all'istituto..." acconsentì lei spingendolo dolcemente verso il bagno. Andò in cucina e versò il latte nel pentolino per scaldarlo. Aspettando che bollisse ripensò alla conversazione avuta poco prima con il figlio. Non le piaceva l’idea di portare Marco all'istituto, lei era psichiatra infantile e si occupava del recupero di bambini che avevano subito gravi traumi e suo figlio era ancora troppo piccolo per vedere quel posto senza restarne turbato, troppo piccolo e troppo sensibile.
“Buon giorno Marina..." .
La voce di suo marito la strappò a questi pensieri. “Buongiorno...” rispose. Accese il fornello sotto la macchinetta del caffè e disse "Tra un attimo sarà pronto...". Guardò appena Cristiano che si aggirava per la cucina. Era ancora un bell'uomo: alto, capelli neri folti, occhi corvini, ma ai suoi occhi aveva perso ogni interesse. Nel corso degli anni era cambiato, o forse si era rivelato come realmente era: nessuna attenzione sincera verso la moglie, nessun interesse al di fuori della carriera, tutto l'opposto di quello che era all'inizio. Marina sempre più spesso si sentiva usata: lei - la moglie perfetta, bella, fine, di buona famiglia, colta, un lavoro con risvolti sociali - era proprio quello di cui un uomo come lui aveva bisogno. E sempre più sentire la sua voce ogni mattina le dava fastidio, non vedeva l'ora che fossero passate quelle benedette elezioni per chiedere la separazione, che lui fosse d'accordo o meno. Non avrebbe più aspettato, non ce la faceva più ad andare avanti così. Gli tese la tazzina del caffè e lui senza neanche togliere gli occhi dal giornale lo bevve tutto d'un fiato. Poi si alzò. "E' già sveglio Marco?" domandò.
"Sì... a proposito Cristiano, ieri sera mi ha detto che ha sentito a scuola due signore dire che noi stiamo insieme solo perché tu sei in politica... se te ne parla cerca di tranquillizzarlo anche tu, era piuttosto turbato e non voglio che sappia come stanno le cose fra di noi in un modo tanto volgare... quando ci separeremo saprà che la politica non c'entra niente, capirà che a volte due persone non possono più vivere insieme e quindi si dividono, ma non voglio che associ la cosa al tuo lavoro, potrebbe essere doloroso per lui sapere che fino ad oggi l'unico motivo per cui siamo rimasti insieme è stata la tua carriera...".
Tra l'altro non sarebbe neanche vero – pensò Marina - perché il vero motivo per cui ancora vivo con Cristiano épermettere a Marco di crescere il più sereno possibile…
"La psichiatra sei tu..." commentò Cristiano uscendo. Non perdeva occasione per denigrare il suo lavoro considerandolo senza risvolti pratici. Marina da tempo aveva rinunciato a spiegargli che il sorriso di un bambino valeva ben più di un risvolto pratico.
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