Grandi Film 1931- 1940
Luci della Città - 1931 - di Charles Chaplin con Charles Chaplin, Virginia Cherril,
Harry Myers, Florence Lee
Ultimo film muto del grande Chaplin e capolavoro di grazia, "Luci della città" riassume la poetica di un artista capace di coniugare leggerezza e dramma, malinconia e sorriso, comicità tenera e sberleffo feroce. Il vagabondo Charlot incontra per caso una bella fioraia cieca che per un equivoco lo crede un milionario, se ne innamora e farà di tutto per trovare i soldi affinchè la ragazza possa operarsi e riacquistare la vista. Parallelamente al rapporto fra i due si svolge la conoscenza di Charlot con un vero milionario, che lui salva dal suicidio e che a fasi alterne lo aiuterà nel procurarsi il denaro. Il bianco e nero, l'atmosfera rarefatta, la poesia con cui Charlot si relazione alla ragazza menomata tutto contribuisce a creare una magia perfetta, scene indimenticabili e passaggi musicali, dello stesso Chaplin, di grandissima intensità. La precisione maniacale di Chaplin, noto per ripetere le scene centinaia di volte e per girare quantità incredibile di pellicola - in questo caso 100.000 metri di girato in tre anni e 342 ciak per la scena in cui la fioraia scambia Charlot per un milionario - hanno garantito al film un perfetto incontro tra tecnica ed arte, raggiungendo vette di espressività e sensibilità difficilmente eguagliabili. Del resto in una dichiarazione a proposito della musica nei suoi film Chaplin dichiara che "deve essere un contrappunto di grazia e delicatezza, che esprima il sentimento, senza il quale l'opera d'arte è sempre incompleta". E memore del suo stesso insegnamento ha creato un'opera d'arte che esprime il più perfetto dei sentimenti, l'amore.
M, il Mostro di Dusseldorf - 1931 - di Fritz Lang con Peter Lorre, Gustaf Gründgens, Rudolf Blummer, Ellen Widman
Capolavoro dell'espressionismo tedesco, il primo film sonoro di Lang che omaggia la nuova tecnica già dalla prima scena, completamente al nero, con una voce fuori campo che canta una filastrocca, "M il mostro di Dusseldorf" è il perfetto esempio di un noir che coniuga la cronaca con la dinamica psicologica, la metafora con l'elegia e la critica con la denuncia. Dopo il ritrovamento di nove bambine uccise la polizia rivolta la città alla ricerca del colpevole, disturbando in tal modo le attività criminali locali. I capi gangsters decidono così di chiamare Schranker, delinquente ricercato per dare a sua volta la caccia al mostro. Quando questo sarà identificato e marchiato con una M sulla schiena (M per morder, assassino in tedesco) sarà condotto di fronte ad un tribunale fatto da criminali e processato fino all'arrivo della polizia che arresterà il mostro e gli altri delinquenti. Peter Lorre è un magistrale colpevole, la sua dichiarazione delirante di fronte al tribunale in cui confessa gli abissi della sua mente malata incapace di controllarsi sono forse scontati per un film dedicato ad un pedofilo oggi, 2012, ma impensabili nel 1931 per crudezza, sincerità, alienazione. Il tribunale fatto da criminali dà modo a Lang di ritornare sulle tematiche della giustizia che così tanta parte hanno nel suo cinema e la modernità del montaggio conferisce ulteriore qualità ad un film di già immensa levatura. Due curiosità: il motivo che il mostro fischietta è tratto dal Peer Gynt di Grieg e in Italia il film fu vietato fino agli Anni Sessanta.
Accadde una Notte - 1934 - di Frank Capra con Claudette Colbert, Clarke Gable,
Walter Connolly, Roscoe Karns, Alan Hale
Basterebbe dire che il film vinse i cinque principali Oscar quando uscì e cioè: miglior film miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior attore e migliore attrice protagonisti per celebrare la grandezza di una commedia magistralmente diretta ed interpretata. Siamo negli anni della Depressione e la giovane e viziata ereditiera Ellie Andrews scappa dalla casa paterna per andare a New York a sposare un aviatore non gradito al padre. Sul pullman incontra Peter Warne, giornalista appena licenziato, che avendola riconosciuta, si offre di aiutarla in cambio di un scoop. Le avventure cui i due vanno incontro sono innumerevoli e naturalmente faranno sì che i due si innamoreranno, si scontreranno e finiranno con il far cadere le famose "mura di Gerico", il lenzuolo che in una delle scene più famose della storia del cinema, stenderanno al centro della stanza che devono dividere durante il loro peregrinare. Dialoghi sofisticati e interpretazioni raffinate, una delicata ma costante attenzione alle difficoltà economiche degli anni in cui si svolge il film, un successo di pubblico travolgente e una lavorazione travagliata fanno di "Accadde una notte" il prototipo di pellicola nata fra mille traversie che riesce però ad incantare grazie ad una misteriosa alchimia che ne fa un gioiello di commedia romantica.
Il Mago di Oz - 1939 - di Victor Fleming, Mervyn LeRoy, Richard Thorpe, King Vidor con Judy Garland, Frank Morgan, Ray Bolger, Billie Burke
Il 1939 fu un anno d'oro per Victor Fleming, che firma oltre a "Il Mago di Oz" anche "Via col vento". Tratto dai libri di L. Frank Baum racconta le fantastiche avventure di Dorothy, ragazzina di campagna, che insieme al suo cagnolino Totò si avventura verso il regno di Oz, fantomatico mago che potrà aiutarla a sconfiggere la strega dell'Ovest dopo che lei ha accidentalmente ucciso la sorella di questa, la strega dell'Est. Le faranno compagnia degli strani amici, uno spaventapasseri senza cervello, un omino di latta senza cuore e un leone pauroso. Ciò che impressiona del kolossal di Fleming è la grandiosità dell'opera: girata in technicolor, effetti speciali ingegnosi e spettacolari, scene corali coreografate e cantate con grande impatto, costumi scenografici e musiche divenute famosissime - "Over the rainbow" è uno dei brani più interpretati da artisti di ogni epoca. La giovanissima Judy Garland, a lungo in lizza con Shirley Temple, per la parte di Dorothy, si rivelò interprete perfetta, e anche il resto del cast contribuisce a creare un mondo davvero magico in cui lasciarsi scivolare. Due Oscar: uno per la colonna sonora a Herbert Stohart e un altro per la miglior canzone a "Over the rainbow" a Harold Arner e E.Y. Harburg.
Via col Vento - 1939 - di Victor Fleming, George Cukor, Sam Wood con
Vivien Leigh,
Clark Gable, Olivia De Havilland, Leslie Howard, Hattie Mc Daniel, Thomas Mitchell
Film monstre, per la durata - soprattutto per l'epoca - per la sontuosità dell'allestimento, per la durata delle riprese e per l'investimento produttivo di Selznick che ne fu artefice contribuendo anche alla scelta del cast, al montaggio e alla distribuzione. Oltre naturalmente per il successo planetario che ancora oggi arride all'opera di Fleming - a cui però lavorarono anche i registi Geroge Cukor e Sam Wood - Tratto dal romanzo di Margareth Mitchell, vincitrice del Premio Pulitzer, "Via col vento" è un affresco d'epoca, una ricostruzione d'ambiente, una dramma storico e un solido bozzetto sociale, ma soprattutto una grande storia d'amore con la più moderna delle eroine, Rossella O'Hara. Ambientato nel Sud degli Stati Uniti alla vigilia e durante la Guerra di Secessione, vede al centro della storia la famiglia O'Hara e soprattutto la capricciosa Rossella che innamorata del fidanzato della cugina farà di tutto per conquistarlo. Sposerà invece tre uomini diversi, perderà la ricchezza, cercherà di salvare Tara, la tenuta di famiglia, e chiuderà il film pronunciando la famosa frase "Domani è un altro giorno". Ma è la frase del personaggio coprotagonista del film, Rhett Butler, interpretato da Clark Gable dopo che Gary Copper aveva rifiutato la parte convinto che il film sarebbe stato un completo flop, a pronunciare la battuta che è da sempre ai primi posti fra le frasi cinematografiche più note e cioè "Franklin my dear, I don't give a damn" (tradotta in italiano con un più edulcorato "Francamente me ne infischio") prima di abbandonare la moglie al suo destino. Avventuriero lui, femmina ribelle lei, hanno da sempre incarnato la coppia di origine shakesperiana per eccellenza (la bisbetica domata) e le interpretazioni di Gable e di Vivien Leigh, semisconosciuta inglesina all'epoca, scelta dopo che furono provinate ben 1400 attrici, che sul set mal si sopportavano, hanno mantenuto negli anni la freschezza originaria. La fortuna mondiale del film fu immediata (in Italia però arriverà solo nove anni dopo l'uscita ufficiale, nel 1948) e il numero di Oscar vinti testimonia il grande valore produttivo e realizzativo di un vero kolossal. Tra gli altri Oscar quello per il miglior film, regia, sceneggiatura, attrice protagonista a Vivien Leight e miglior attrice non protagonista con Hattie Mc Daniel, prima attrice di colore a ricevere un Oscar, che però non potè presenziare alla premiere del film ad Atlanta a causa delle leggi razziali in vigore nel 1939 in Georgia.
Frankenstein - 1931 - di James Whale con Boris Karloff, Colin Clive, Mae Clarke,
John Boles
Tratta dal romanzo di Mary Shelley la pellicola di Whale è un magistrale horror di grande atmosfera e di intensa emozione. Il dottor Frankenstein coltiva i folle progetto di dar vita ad una creatura assemblata con pezzi di cadaveri. Per far questo sottrae dall'obitorio, con l'aiuto del servo Fritz, parti di persone defunte. La fidanzata Elizabeth, con l'aiuto dell'ex insegnate di Frankenstein cercano di fermare il dottore ma ormai la creatura ha preso vita grazie alle scariche dei fulmini. Purtroppo il cervello del mostro è stato sottratto ad un criminale e la natura aggressiva dell'uomo viene subito fuori. Seminerà morte e terrore fin quando l'intero paese non si metterà all'inseguimento della creatura istigato dal dottore, colpevole ma incapace di accettare la propria responsabilità. Il grande pregio del film sta principalmente nel tono malinconico e visionario che accomuna il creatore e la creatura lungo tutto il procedere della trama e nella disperazione montante che assale il mostro incolpevole della propria solitudine, della paura che incute e del destino che lo attende. Il modello di riferimento del film è chiaramente l'espressionismo tedesco con la sua anima in bianco e nero e la scelta di Boris Karloff, dopo che Bela Lugosi aveva rifiutato il film, si rivelò vincente nella costruzione di un mostro che incarnasse allo stesso tempo l'innocenza e la primitiva violenza. Merito anche del trucco di Jack Pierce e James Whale che costrinsero il povero Karloff a quotidiane sedute lunghe quattro ore per truccare e struccare il mostro. Una curiosità: dal 1937 due scene furono tagliate dalle proiezioni in sala e in tv, la prima è quella in cui il mostro scaglia in acqua una bambina, la seconda quella in cui Frankenstein, vedendo la creatura prendere vita, pronuncia la famosa frase "Ora so cosa significa essere Dio".
Ombre Rosse - 1939 - di John Ford con John Wayne, Claire Trevor, Thomas Mitchell, John Carradine, George Bancroft
Dopo tredici anni di lontananza dal western John Ford decise di prendere spunto da un romanzo di Ernest Haycox vagamente ispirato ad un'opera di Guy de Maupassant. Ciò che interessava Ford, e ciò che ne fa un western atipico e per questo bellissimo, era l'approfondimento psicologico dei personaggi coinvolti, che si trovano sì ad affrontare , come nel più tipico dei western, l'assalto degli indiani, ma si trovano più che altro a confrontarsi fra loro, rivelando differenze sociali, meschinità, coraggio e orgoglio. Siamo a bordo di una diligenza dove una prostituta, un giocatore d'azzardo, un medico dedito all'alcool, uno sceriffo, un banchiere e altri, cui si aggiungerà un evaso in cerca di vendetta si trovano costretti a condividere la paura di un attacco da parte degli Apache e ad imparare a convivere e a confrontarsi con il diverso da sè. La nascita di un amore fra Ringo, l'evaso interpretato da John Wayne, attore feticcio di Ford, e di Dallas, la prostituta cui da corpo Claire Trevor, sono la rivincita sul perbenismo e sul moralismo e la capacità di Ford i coniugare il film di pura matrice western con il confronto psicologico che caratterizzerà tanti film successivi fa di Ombre Rosse un capostipite nel suo genere, ed un film estremamente moderno nell'impianto narrativo. Oscar a Thomas Mitchell come miglior attore non protagonista - il dottor Boone che aiuterà Ringo nel finale del film riscattando così il proprio alcolismo - e alla colonna sonora.
Ninotchka - 1939 - di Ernst Lubitsch con Melvyn Douglas, Alexander Granach, Greta Garbo, Bela Lugosi
"Garbo Laughs" - la Garbo ride - campeggia scritto nella locandina di uscita del film di Lubitsch (la potete vedere qui a fianco) a testimoniare la grandiosità dell'evento per un'attrice fino a quel momento dedita a ruoli drammatici ed estremi. La trama della pellicola di Lubitsch è semplice, tre agenti russi devono recarsi a Parigi per vender i gioielli confiscati ad una nobildonna russa durante la Rivoluzione. La granduchessa incarica Leon, il suo amante di recuperare i gioielli e lui non ha difficoltà a far apprezzare i piaceri della vita parigina ai tre agenti che dimenticano così la loro missione. Dalla Russia arriverà però una nuova agente, Ninotcka appunto, incaricata di riportare all'ordine i tre, che però si innamorerà di Leon e solo per amor di patria, e perchè ricattata dalla granduchessa, tornerà in patria. Ma una successiva missione a Costantinopoli vedrà il gruppo riunirsi per non più sciogliersi e l'amore fra Ninotcka e Leon trionfare. L'eleganza stilistica di Lubitsch e la presenza scenica della Garbo fanno decisamente il film, elegante, raffinato, capace di ironizzare sulla rigidità degli agenti russi - e infatti il film fu distribuito in Europa solo molti anni dopo la prima uscita negli Stati Uniti - come di regalare alla divina Greta un ruolo romantico e disinvolto come mai prima di allora. Il film ebbe quattro nominations agli Oscar ma non ne vinse nessuno.
Notre Dame - 1939 - di William Dieterle con Charles Laughton, Maureen O' Hara,
Thomas Mitchell, Edmond O'Brien,
Capolavoro della letteratura di Victor Hugo "Notre Dame de Paris" ha avuto moltissime versioni cinematografiche e teatrali proprio perchè la trama e i personaggi sono espressione massima di potenzialità drammatica e sentimentale. L'azione si svolge a Parigi, nel 1482, nella Cattedrale di Notre Dame, dove il campanaro gobbo Quasimodo si innamora della zingara Esmeralda, perseguitata dall'arcivescovo Claude Frollo. Inizialmente è Esmeralda a salvare Quasimodo dalla fustigazione, ma successivamente sarà il gobbo solitario a salvare a fanciulla della esecuzione capitale cui Frollo l'ha fraudolentemente condannata. Il sogno di Quasimodo è di tenere con se Esmeralda per sempre, ma la ragazza riparte con gli zingari e lui rimane nuovamente solo con il proprio amore infranto. Personaggio romantico per eccellenza Quasimodo nella versione cinematografica di Dieterle ha il volto deturpato e lo sguardo dolente di Charles Laughton e il bianco e nero, opera di Joseph H. August, che avvolge le scene all'interno della cattedrale, contribuisce a creare un'atmosfera di grande fascino. La fastosità della messa in scena è caratterizzata dal gran numero di comparse, più di 3000, e la messa in scena della realtà sociale dell'epoca fatta di odio razziale, intolleranza e fanatismo sono una sincera presa di posizione contro ideologie che in quegli anni purtroppo ricalcavano certi aspetti deteriori dei personaggi negativi del film e del romanzo di Hugo.
Biancaneve e i Sette Nani - 1937 - di Walt Disney, David Hand
Immaginare un mondo senza i film di Walt Disney oggi sembrerebbe impossibile ma quando "Biancaneve e i sette nani" apparve per la prima volta - primo lungometraggio Disney della storia per altro - fu un evento storico che fece da spartiacque e costrinse il mondo a prendere sul serio i cartoni animati, perchè nel portare sul grande schermo la favola dark dei fratelli Grimm il grande Walt riuscì in un'impresa magistrale, quella di dotare di una grazia eterea Biancaneve pur in un contesto malvagio ed ostile che risveglia le doti di combattente della principessa, capace di rimboccarsi le maniche - letteralmente - e prendere in mano la propria vita aiutata da un gruppo di nani - diversi, freaks per eccellenza - protagonisti per la prima volta al fianco dell'eroe principe. A pensarci oggi fu una rivoluzione, un personaggio di donna tanto moderno sia pure inserito in un contesto classico, i nani che acquistano nomi e personalità al contrario del loro ruolo nella fiaba, un lieto fine inevitabile ma conquistato con grandi sacrifici - pensate a quanto fu più facile per la Bella Addormentata star lì a dormire mentre Biancaneve rassetta la casa e tiene a bada sette scatenati nanetti pestiferi, e una qualità tecnica che ancora oggi rimane intatta. Oscar speciale a Walt Disney a cui la piccola Shirley Temple consegnò un Oscar a grandezza naturale e sette piccoli Oscar.