Grandi Film 1941- 1950
Casablanca - 1942 - di Michael Curtiz con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman,
Paul Henreid, , Peter Lorre, Sydney Greenstreet
Film talmente mitizzato da aver quasi perso la sua cifra cinematografica, che rimane alta per la sua capacità di fondere romanticismo, spionaggio, sentimenti antinazisti e atti di coraggio. Una miscela che regala a Borgart e alla Bergman il ruolo
perfetto di amanti destinati a perdersi, di pedine sacrificabili nel grande scacchiere politico e sociale, di decadenti icone di un amore malinconico e sensuale. Il bar di Rick, dove si svolge gran parte dell'azione è un concentrato di tipologie, di razze, di delusioni e di rinunce, è il centro pulsante di quel mondo altro che da sempre è Casablanca. I riferimenti politici, in anni come quelli in cui è ambientato il film, 1941, sono puntuali e ficcanti,ma non mettono mai in ombra il gran gioco di sentimenti che si mette in scena sulla scacchiera della vita. La ormai leggendaria scena all'aeroporto, con Bogart che vede la Bergman partire col marito, salva ma per sempre lontana da lui, è una delle più famose della storia del cinema, e certamente gran parte del merito va ad un attore ruvido e tormentato come Bogie.
Fantasia - 1940 - di James Algar, Samuel Armstrong, Ford Beebe, Norman Ferguson,
Jim Handley, Wilfred Jackson, T. Hee, Hamilton Luske, Bill Roberts, Paul Satterfield
Difficile definire "Fantasia" un film d'animazione, almeno nel senso classico in cui si intende l'animazione - o almeno si intendeva nel 1940 - quando Walt Disney realizzò il suo film più ambizioso e sicuramente più fantasioso, se non il migliore in assoluto. L'idea di affidare l'esecuzioni delle musiche al maestro
Leopold Stokowski e alla Philadelphia Orchestra, che divennero parte integrante del film - mitica la scena il cui Topolino tira la coda del frac di
Stokowski - fu un omaggio alla grande musica e contribuì alla conoscenza di autori come Bach,
Čiaÿkovskij;,
Stravinskij,,
Beethoven, Ponchielli,
Musorgski e Shubert che fanno da colonna sonora a invenzioni sceniche, registiche e coreografiche entrate nella storia del cinema. La varietà di ambientazioni di temi, di registro e di atmosfera sono ciò che fa di fantasia il capolavoro che è, si pensi alle leggerezza di un episodio come quello che sulle note della "Danza delle Ore2 vede ippopotami ed elefanti ballare in tutù, alla potenza visiva e musicale di quello in cui Topolino apprendista stregone dirige un esercito di scope impazzite o alla suggestione delle sagome che si incamminano in processione sulle note dell'Ave Maria. Incomparabile esempio di cinema spettacolare, ebbe quattro Oscar e un meno riuscito seguito - Fantasia 2000 - che dimostrò solo che di Walt Disney ce ne sarà sempre solo uno.
La Vita è Meravigliosa - 1946 - di Frank Capra con James Stewart , Donna Reed,
Gloria Grahame, Thomas Mitchell, Lionel Barrymore
Definito universalmente "il film di Natale" è effettivamente uno di quei capolavori che ogni stagione natalizia vien voglia di rivedere. La storia tragica di George Bailey che giunto alla vigilia di Natale decide di suicidarsi per difficoltà economiche è un paradigma ideale per raccontare l'uomo medio americano, la figura dell'angelo custode che mostra a George i lati beli della vita è chiaramente simbolo della capacità di guardare oltre le apparenze e le avversità per approdare ad una visione ottimistica consapevole, la famigliola amorevole, gli amici generosi, il Natale come simbolo di magia ma ance di amarezza per chi è solo e disperato, sono tutti temi cari a Capra e ad un ceto cinema , ma la magia di "La Vita è meravigliosa" è tutta in quel magico equilibrio fra tragedia e romanticismo, tra struggenti ricordi e amarezze mature, tra scene toccanti e momenti leggeri un'alchimia perfetta che raramente il cinema raggiunge, troppo sbilanciato verso il sentimentalismo il più delle volte, troppo cupo altre. E invece Capra, aiutato in questo da un James Stewart semplicemente impeccabile, riesce a compiere il miracolo di Natale, di ogni Natale, il miracolo di commuovere, emozionare, toccare le corde più sincere e profonde senza mai dimenticare l'amara realtà, senza sterzare mai sul terreno scivoloso del compassionevole e senza togliere la speranza nè la magia. E regalandoci l'eterna certezza che ogni qualvolta un campanello suona un angelo ha messo le ali.
Quarto Potere - 1941 - di Orson Welles con Orson Welles, Joseph Cotten, Alan Ladd, Everett Sloane, Paul Stewart
Pietra miliare nella storia del cinema e nell'analisi, lucida e spietata, del potere, della stampa, del capitalismo. Alla morte del magnate dell'editoria Charles F.Kane si scatena una spasmodica ricerca sul significato dell'ultima parola pronunciata dall'uomo "Rosebud". Solo nell'ultima scena scopriremo di che si tratta, ma non è certo l'indagine giallistica ciò che affascina in Quarto Potere, è la carica visiva, e visionaria, con cui Welles tesse trame e dipinge personaggi, è la potente messa in scena di un epoca, e di un mondo, senza sconti e senza indulgenze, è la capacità di inventare il suo cinema, la sua tecnica di ripresa, la sua cifra stilistica. E tutto questo a ventisei anni, fornendo materiale per approfondimenti e riflessioni da parte dei più grandi intellettuali dell'epoca - il film fu recensito e commentato da Borges per fare un esempio - e dando il via ad un nuovo linguaggio, ad un nuovo stile, ad un nuovo approccio narrativo e tecnico al cinema. Ebbe ben undici nomination all'Oscar, ma ne vinse solo due, per la sceneggiatura dello stesso Welles e di
Mankiewicz.
Il Grande Dittatore - 1940 - di Charles Chaplin con Jack Oakie, Charles Chaplin, Paulette Goddard, Henry Daniell
La satira più feroce si fa in punta di fioretto. Ed è proprio questa la strada scelta da Chaplin per denunciare gli orrori del nazismo e di ogni dittatura. L'omino buffo-barbiere che viene scambiato per il grande dittatore Hynkel ha dalla sua tutta la delicatezza e la lievità di Charlot, il suo doppio crudele e stupido è un'amara sintesi di ciò che può significare dare il potere in mano agli stolti. La scena ormai entrata nella storia del ballo con il mappamondo è forse la summa di tutto il cinema di Chaplin, magia, leggerezza, poesia, e al contempo disperazione, solitudine, follia. La scelta di mettere in ridicolo i vezzi e le manie del grande dittatore, rendendolo così infinitamente piccolo e risibile sono un j'accuse molto più potente di qualunque accusa diretta, e l'ironia con cui risolve alcune scene ci ricorda che Chaplin rimane il re della risata intelligente, e colta. Il discorso all'umanità che il barbiere pronuncia con passione è ancora oggi uno tra i monologhi più toccanti della storia del cinema e le parole di pace, fratellanza e libertà che pronuncia Chaplin nel 1940 sono ancora così attuali da far venire i brividi.
Notorius - 1946 - di Alfred Hitchcock con Cary Grant, Ingrid Bergman, Claude Rains, Louis Calhern,
Hitchcock, lo spionaggio e l'amore. Temi ricorrenti nella cinematografia del grande maestro del brivido, trattati qui con tono asciutto e teso. Elena, figlia di un americano al soldo dei tedeschi viene reclutata dai servizi segreti americani, incarnati nell'agente interpretato da Cary Grant, per infiltrarsi in un gruppo di nazisti in Brasile, sposarne il capo e scoprirne i piani. Sarà invece lei ad essere scoperta e a rischiare di morire avvelenata dal marito. Uno tra i film meglio riusciti di Hitchcock, in perfetto equilibrio fra trama spionistica e grande storia d'amore - il bacio fra Grant e la Bergman, il più lungo della storia del cinema - è ancora oggi una scena di rara intensità e tensione, capace di mantenere la suspance e di far risaltare allo stesso tempo l'intensità dei sentimenti dei protagonisti Una Bergman mai così bella e un Grant mai così sobrio sono la perfetta coppia di interpreti di un giallo raffinato, elegante nelle ambientazioni e nei dialoghi e capace di raggiungere una magnifica resa cinematografica proprio nel suo mantenersi lontana da certi scivolamenti nel brillante che altrove hanno caratterizzato la produzione spionistica di Hitchcock.
Roma Città Aperta - 1945 - di Roberto Rossellini con Anna Magnani, Aldo Fabrizi,
Maria Michi, Marcello Pagliero
Cominciamo col dire che Rossellini girò "Roma Città Aperta" negli Anni 44 e 45, quindi subio dopo la fine del conflitto mondiale, e tra l'altro con pochissimi mezzi (utilizzò perfino della pellicola scaduta) perciò risulta ancor più sorprendente l'esito finale, capace non solo di mettere in scena un'epoca, uno stato d'animo, un malessere, ma di farlo con un linguaggio nuovo, poetico e crudele, che diede il via al filone del neorealismo. Al centro della trama tre storie, una povera donna, un prete di periferia, un ingegnere comunista. Il destino sarà tragico per tutti e tre, la loro lotta per la libertà e per la giustizia affogherà nel sangue e nella sconfitta, ma restano il coraggio, la dignità, la silenziosa lotta per non morire dentro a parlare di loro. La Roma ferita, reduce dai bombardamenti è protagonista insieme alla immensa Anna Magnani e al sorprendente Aldo Fabrizi, e svela un'Italia in ginocchio, ma ancora capace di resistere, un cuore capace di sopravvivere alle atrocità e anzi rafforzarsi in esse, una consapevolezza dolente e matura che solo chi usciva dalla follia della guerra poteva conoscere, e raccontare, con tanta lucidità e passione. Due nominations agli Oscar per la sceneggiatura di Fellini e Amidei, un premio speciale al Festival di Cannes e pietra miliare della cinematografia italiana nel mondo.
Scrivimi Fermo Posta - 1940 - di Ernst Lubitsch con James Stewart, Margaret Sullivan, Sara Haden, Frank Morgan
Commedia sofisticata e brillante, il film di Lubitsch dovrebbe essere studiato da chiunque voglia scrivere di cinema, per la perfezione dei dialoghi, per i tempi che sembrano una partitura musicale e per lo stile raffinato ed elegante che contraddistingue l'intera pellicola. Due commessi dello stesso negozio si detestano, litigano e si beccano ogni giorno.Ognuno dei due nel frattempo intrattiene una amorevole corrispondenza con il ragazzo/la ragazza dei suoi sogni senza sapere che in realtà è l'odiata/a collega. Equivoci a non finire, battute fulminanti, momenti romantici semplicemente deliziosi, insomma una summa del buon gusto cinematografico, della lievità creativa che non scade mai nella leggerezza vacua, un capolavoro di equilibrio e buon gusto che nobilita la commedia e la rende un meraviglioso esercizio di stile perfetto. Un James Stewart giovanissimo ma già capace di dare al suo personaggio tutte le sfumature di cui ha bisogno per rendersi insopportabile o irresistibile completano uno dei grandi classici della commedia americana.
Scandalo a Filadelfia - 1940 - di George Cukor con Katharine Hepburn, James Stewart, Cary Grant, Ruth Hussey, John Howard
Il cast di "Scandalo a Filadelfia" parla da solo, tre dei più grandi interpreti hollywoodiani - talento, glamour, ionia e presenza scenica a profusione - danno il meglio di sè in questa "sophisticated comedy" del grande maestro Cukor che ruota intorno alle disavventure sentimentali della ereditiera interpretata dalla giovanissima e bellissima Hepburn, in procinto di sposarsi per la seconda volta e ancora corteggiata dal primo marito, fermamente intenzionato a riconquistarla. La perfetta danza fra i tre interpreti rende le vicende, seppure banali e scontate, estremamente fresche e divertenti, i dialoghi brillanti e la recitazione scoppiettante dei tre fa sì che ogni scena brilli di luce propria, e che ogni passaggio della trama risulti gradito. L'eleganza formale, l'eleganza registica, l'eleganza estetica, tutto contribuisce a farne un esempio altissimo di ciò che la commedia brillante dovrebbe fare, e cioè far sorridere con garbo, disseminando humor e ironia.
Arsenico e Vecchi Merletti - 1944 - di Frank Capra con Cary Grant, Raymond Massey, Jack Carson, Priscilla Lane
La madre di tutte le black comedy. Il capostipite dell'ironia più sfrenata incuneata nel contesto macabro. Cary Grant è
Mortimer Brewster, nipote amorevole di due sorelle all'apparenza anch'esse amorevoli, in realtà due assassine "a fin di bene" come dicono loro, pazze sfrenate come scoprirà Mortimer suo malgrado. Un ritmo scatenato, un'ironia che non viene mai meno, una svolgimento scoppiettante e sorprendente fanno della commedia di Capra una pietra miliare del cinema brillante, capace di destrutturare la sacra famiglia tradizionalmente intesa ma anche di regalarci un'ambientazione casalinga estremamente accattivante al di là di ciò che succede all'interno, e di farci partecipi di un percorso di crescita mai tanto esilarante e credibile pur nel contesto surreale in cui si svolge la trama. i impianto teatrale, quasi tutta girata in interni, anzi in interno, il soggiorno delle terribili sorelle dove troneggia la cassapanca che è al entro di una tra le scene più esilaranti della storia del cinema, mantiene la freschezza dei dialoghi e della recitazione a tanti anni di distanza, proprio perchè lo humor, quando è autentico e di buon gusto, non tramonta mai, e la capacità di ridere, e far ridere, parlando di morte e di pazzia, appartiene solo ai grandi.