Ottobre 2013
Before Midnight - di Richard Linklater con Ethan Hawke, Julie Delpy,
Seamus Davey-Fitzpatrick, Ariane Labed ****
Sono passati tanti anni da quando Jessie e Celine si incontrarono in treno a Vienna, sono cresciuti, siamo cresciuti, ed è un piacere ritrovarli ora nel terzo capitolo della loro storia d'amore - dopo il secondo meno incisivo - perchè i loro gesti, le loro parole e i loro dubbi sono la testimonianza che diventare adulti, sia pure appagati e innamorati, è faticoso e doloroso, e che la responsabilità di una famiglia allargata è un macigno che si deve affrontare volenti o nolenti. L'ambientazione in Grecia, dove i due sono in vacanza con loro due gemelline e il primogenito di Jessie in procinto da tornare dalla madre è il terreno fertile per un confronto dolce amaro, circondato da altri personaggi intonato, uomini e donne con il loro bagaglio, che in una cena intima e rilassata raccontano aneddoti che trasudano della filosofia delle piccole cose l'unica che la vita ci conceda di conoscere. C'è un amore vero, onesto, rabbioso e passionale fra un Jessie ormai scrittore affermato ma ancora fragile come padre, assalito dai sensi di colpa per vivere lontano da quell'adolescente che non sa giocare a baseball perchè nessuno - lui - non glielo ha insegnato, e una Celine ancora in cerca di una identità lavorativa, in bilico fra un lavoro prestigioso ma forse frustrante e un'integrità intellettuale che a quarant'anni si fa fatica a mantenere. E al centro i loro dialoghi, le accuse, le confessioni, le prospettive e le paure, la vita di coppia lucida e vera come solo chi ama davvero conosce, fatta di amore, di rabbia, di tenerezza e di insofferenza. Si parla di una macchina del tempo in sottofinale, di un futuro che vogliamo immaginare fato di altri episodi di uno fra i rapporti più schietti e verosimili mai portati sullo schermo - e in questo ultimo capitolo a scrivere la sceneggiatura sono stati lo stesso Hawke e la Delpy, a testimonianza che anche loro sono cresciuti c-c e cambiati, e migliorati - con i loro alterego e noi li sentiamo davvero come dei compagni di avventura della vita, fragili e innamorati, con il sorriso dell'adolescenza dietro le prime rughe.
Cose Nostre - Malavita - di Luc Besson con Robert De Niro, Michelle Pfeiffer,
Tommy Lee Jones, Dianna Agron ***
Un cast stellare, una regia a dir poco robusta, il rischio di cadere nello stereotipo più retrivo - e in qualche scena il rischio si trasforma in realtà - ma in definitiva il film risulta non solo gradevole, ma anche spassoso e metaforico, pieno di gag che esaltano l'humor nero e infarcito di citazioni, di riferimenti di tributi - fate bene caso a quale film proiettano versi metà film - e il racconto di una famiglia di mafiosi sotto protezione diventa un tributo alla famiglia - disfunzionale finchè si vuole ma capace di sentimenti veri - e l'ambientazione dei tipi americani in Francia è a dir poco esilarante con tutti i luoghi comuni del caso ma rivisitati dalle smorfie impagabili di Michelle Pfeiffer, Robert De Niro e Tommy Lee Jones, e i due giovani pargoli degni eredi del papà killer non sono da meno nel creare un'atmosfera sempre in bilico fra commedia e tragedia, giacchè i mafiosi che De Niro ha tradito sono pronti a inseguirli ed ucciderli. La trama è esile, non si può negare e tutto ciò che accade nella sceneggiatura è prevedibile e previsto, ma quello che fa la differenza è la fluidità di certe scene decisamente riuscite, la capacità di tenere tempi e ritmi perfetti e comunque vedere recitare insieme De Niro e la Pfeiffer e soprattutto De Niro e Tommy Lee Jones è un piacere raro. Senza dimenticare che De Niro è ancora l'unico attore capace di passare da un sorriso sornione alla ferocia più pura di uno sguardo glaciale nella frazione di un secondo.
Gravity - di Alfonso Cuarón con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris,
Orto Ignatiussen ****
La solitudine dell'universo come metafora della solitudine dell'uomo di fronte all'ignoto - e forse a se stessi - la paura della morte e lo stupore di fronte alla natura, le sicurezze che vengono meno quando veniamo aggrediti - che siano frammenti di un satellite entrato in collisione con una stazione orbitante o le incertezze della vita quotidiana, il sacrificio, la perdita, il coraggio... sono tanti i temi che Cuaron sviscera con sincerità ed eleganza, disseminando il cosmo di ansia di angoscia, ma anche di stupore e speranza, di passato e futuro, di assoluto e infinito. Due astronauti in missione restano fuori dalla navicella, distrutta da frammenti di un satellite, e si trovano a veleggiare nel silenzio, nel buio, nell'orrore dello spazio infinito dove solo i pensieri hanno peso concreto, e solo la paura tiene a galla. La dott.ssa Ryan Stone è poco addestrata, ha un passato fatto di dolore - ha perso una figlia di soli 4 anni - e scivola nello spazio rassegnata alla fine ma il comandante Matt Kowalsky la sprona parlandone, dandole con le parole quell'ossigeno che nella capsula sta finendo e donandole quella tenacia che neanche lei sa di avere, per trovare la forza di raggiungere una stazione cinese dove una navicella ancora intatta potrà riportarla sulla terra. L'ultimo confronto verbale fra i due - che non diremo dove nè come avviene - è intenso, tragico e profondo, asciutto e tagliato con l'accetta da un regista che sa come manovrare due divi per dar corpo - e tuta spaziale - non ad una fantascienza fatta di mostri e duelli megagalattici, ma una fantascienza umana, umanissima, fatta di dubbi e incertezze, di fragilità e solitudine, di riflessioni amare e di battute scherzose, proprio come la vita, sulla pesante terra come nel leggero spazio. Due divi perfetti, spogliati dai loro panni di starsystem per nascondersi in tute e caschi a parte una concessione alla fisicità della Bullock in un paio di scene - e meno male che di primi piani ce ne sono pochi perchè un viso tanto rifatto danneggia la bellezza estetica del film - con dialoghi che nascondono la fatica del vivere ma non mascherano l'angoscia di chi sta per affrontare in solitudine l'abisso dell'ignoto, e si fluttua con i due protagonisti sulle ali del nulla, nel silenzio immenso e nello spazio senza suoni, alla ricerca di un perchè, di un appiglio fisico e metaforico che ci porti lontano dal gorgo dell'insensatezza dell'esistenza che si rivela tutta quando si è di fronte ad uno sconfinato nulla che tutto accoglie e tutto ingoia. La scena negli abissi dell'Oceano in sottofinale ricorda le scene finali di "Lezioni di piano" quando una forza primitiva ed istintiva spinge alla superficie, alla vita, alla realtà. Ma quel vuoto siderale e quel rapporto viscerale fra i due astronauti soli e orfani nonostante i cordoni ombelicali che li legano all'astronave resta a lungo a volteggiare nel buio della sala, e nell'anima di chi guarda. Bellissimo, emozionante, originale e coraggioso - due attori praticamente sempre nascosti da tuta e casco immersi nel buio dello spazio per un'ora e mezzo non è scelta facile - ma ripagata da un risultato straordinario per atmosfera, intensità e passione (per la vita, nonostante sia protagonista assoluta la morte in quel buio silenzio astrale...).
Sotto Assedio - White House Down - di Roland Emmerich con Channing Tatum,
Jamie Foxx, Maggie Gyllenhaal, James Woods ***
Film assolutamente di genere, per un regista abituato a blockbuster fatti di azioni spettacolari e sparatorie, con un cast stellare e dialoghi da manuale per film come questo. Da tutto ciò si potrebbe dedurre che il nuovo lavoro di Emmerich sia un po' un deja vu, con scene già viste, una trama scontata e uno spreco di bei nomi. E invece no, perchè sia pure nell'ambito del divertimento cinematografico disimpegnato e sparagnone le due ore e passa scivolano via piacevolissime, l'azione è ricca di suspence, colpi di scena e siparietti gradevoli, gli attori in parte e simpatici nei rispettivi ruoli, e l'impiego di mezzi, effetti speciali e grandi scenografie arricchisce il tutto di una visibilità leggera e partecipe. La trama? Conta poco, e ricorda molto da vicino altre decine di film d'azione, con un manipolo di terroristi che mette e ferro e fuoco la Casa Bianca (e ovviamente non può che essere un inside job per non far passare la sicurezza degli Stati Uniti per un colabrodo), un presidente black, un agente speciale che deve riconquistare la figlia adolescente e la porta proprio nella tana del lupo al momento dell'esplosione, e tutta quella serie di personaggi - alcuni burocrati irrecuperabili, alcuni idealisti, alcuni menefreghisti, alcuni coraggiosi alcuni buffi, alcuni invasati - necessari al che un film del genere - e di genere - si compia per il piacere del pubblico che sa cosa vuole vedere e sa che in questo tipo di produzione lo avrà nella confezione di lusso che si merita. Channing Tatum e Jamie fox si sintonizzano ben presto e alcuni spunti comici della coppia potrebbero far pensare ad una nuova accoppiata brillante
Cattivissimo Me 2 - di Pierre Coffin, Chris Renaud - Animazione*****
Era veramente difficile, se non impossibile, raggiungere i vertici creativi e narrativi di "Cattivissimo me", ma gli autori hanno superato loro stessi, regalandoci un prodotto praticamente perfetto sotto ogni punto di vista. Il divertimento è continuo, le citazioni spassose - basta pensare alla scena in cui un mo striciattolo sbuca da sotto la maglietta di Gru a mo' di Alien - e l'emozione sincera è assicurata dalle tre orfanelle che già nella prima avventura avevano eletto il cattivissimo Gru a loro papà putativo. E ora che Gru è diventato davvero quel papà tenero che loro hanno sempre sperato tutto sembra andare per il meglio, e anche se alla festa di compleanno di Margo si traveste da improbabilissima Regina delle Fate le bambine sono entusiaste di questo goffo gigante che le mete a letto, si fa accarezzare la testa calva e sogna di produrre marmellate e caramelle per bambini, aiutato dai sempre impagabili Minion, dispettosi ma irresistibili. Ma un misteriosissimo villain si aggira nell'universo e una fantomatica società che lotta per catturare i cattivi "ingaggia" Gru che all'inizio rifiuta ma poi è costretto ad accettare, e a fingersi un pasticcere in compagnia dell'Agente Lucy una guerriera ninja fusa nel corpo di una Mary Poppins, sintesi di goffaggine e spregiudicatezza, a cui Gru non resterà indifferente. Naturalmente dopo ennesime catastrofi, incidenti e gelosie paterne si arriva ad un lietissimo fine che commuoverà anche i più cinici spettatori tutto affidato alla recita di Margo che incanta con la sua vocina e le sua espressione. Perchè, diciamolo subito, la peculiarità di questo cartone animato che possiede tutte le grandi qualità di un film tout court, è di andare al cuore dei personaggi ritagliando una personalità completa, fatta di sfumature, di non detti, di rimossi e di taciuti, che al di là della dichiarata intenzione di divertire - traguardo raggiunto in ogni scena che già da sola varrebbe la visione - rendono "Cattivissimo Me 2" il prototipo di un'animazione matura, intelligente, capace di coniugare le aspettative dei più piccoli con lo spirito critico degli adulti che non possono che abbandonarsi alle avventure di Gru e soci con un immenso piacere.