Grandi Film 1981- 1990
I Predatori dell'Arca Perduta - 1981 - di Steven Spielberg con Harrison Ford, Karen Allen, John Rhys-Davies, Alfred Molina
Il primo capitolo della - finora - quadrilogia che Spielberg ha dedicato all'archeologo amante dell'avventura fu un evento cinematografico pari a pochi altri. La capacità di Harrison Ford di smitizzare l'eroe tutto d'un pezzo e creare così un personaggio anche goffo ed impacciato fu un'innovazione non da poco nel genere film di avventura e il mitico duello a colpi di frusta risolto ironicamente da un impari colpo di rivoltella rimane nella storia del cinema. Sono le mille trovate a fare della trama qualcosa di nuovo pur nel filone della caccia al tesoro con relativa lotta fra buoni e cattivi, sono le figure femminile volitive e forti (non solo in questo primo film dedicato ad Indy ma anche nei successivi) a rivoluzionare il ruolo della spalla dell'eroe, e sono i vari comprimari, tutti bravissimi e tutti capaci di apportare un proprio valore aggiunto - uno per tutti Denholm Elliott e il suo perfetto humor british - a fare di questo semplice film d'evasione un gioiello di tutti i tempi che si aggiudicò la bellezza di 14 premi Oscar, anche se tutti nelle categorie tecniche.
Shining - 1980 - di Stanley Kubrick con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers,
Shining, ovvero quando un regista geniale si dedica ad un film di genere, in questo caso un thriller semi horror, e ne ricava un capolavoro. Lo scrittore allucinato di Nicholson è un personaggio sopra le righe ma affascinante e le scene entrate nella galleria di quelle che spaventano senza che venga mostrata anche una sola goccia di sangue sono almeno tre, quella con l'inquietante triciclo su cui, camera alle spalle, pedala il figlio, la porta con l'ascia conficcata a cui sfugge per un niente Shelley Duval e il claustrofobico inseguimento all'interno del labirinto in giardino. Scelte registiche asciutte quanto innovative, una trama avvolta in nebbie psicanalitiche che attanaglia ogni scena di più e il ghigno indimenticabile di Nicholson fanno di Shining un film personalissimo e di Jack Torrance un personaggio difficile da dimenticare.
C'era una volta in America - 1983 - di Sergio Leone con Elizabeth McGovern, James Woods, Robert De Niro, Treat Williams
La grande forza visiva di Sergio Leone raggiunge qui il suo punto più alto, l'apice di una carriera tutta in crescita verso i vertici della narrazione per immagini. La lentezza delle inquadrature, la potenza della camera incollata ai protagonisti, sogni e memorie che si rincorrono in un presente fumoso e ormai appannato dal tempo rendono i 218 minuti del film una partitura perfetta per dar tempo ai protagonisti, due piccoli gangster nella New York Anni Venti-Trenta, di crescere conoscendo la violenza non meno dell'amore struggente - accompagnato dal meraviglioso Amapola in sottofondo - di tradirsi, perdersi, odiarsi e invecchiare in un'America che cambia e si perde insieme ai suoi due anti eroi che Robert De Niro e James Wood tratteggiano con dolente malinconia e feroce rabbia. La tenerezza struggente di alcune scene e la violenza disumana di altre fa di C'era una volta in America un magnifico esempio di cinema a tutto tondo, capace di scavare nell'animo umano ben sapendo di trovare, impastati dall'odio e dall'amore, il sublime e l'inconfessabile.
Ritorno al Futuro - 1985 - di Robert Zemeckis con Michael J. Fox, Christopher Lloyd, Lea
Thompson,
Crispin Glover
Film solo in apparenza scanzonato e disimpegnato è anche, senza nessuna pretesa sociologica, una bella analisi delle difficoltà di crescere e dell'importanza del passato. Un giovane conosce un geniale scienziato che ha inventato la macchina del tempo, il grande Christopher Lloyd che da' una connotazione quasi surreale al suo dottore, e grazie al macchinario sbuffante e cigolante tornerà indietro all'epoca in cui ad avere la sua stesssa età erano quei genitori che conosce paludati e autoritari ma che sono stati molto meno posati durante l'adolescenza. Un delizioso Michael J.Fox regala stupore e meraviglia ad un giovane degli Anni Ottanta alle prese con il perbenismo degli Anni Sessanta e il divertimento è assicurato da dialoghi brillanti e trovate originali. Due Oscar per gli effetti speciali e due seguiti non all'altezza di questo fresco e delizioso film diventato subito un cult.
The Elephant Man - 1980 - di David Lynch con Anne Bancroft, John Hurt, Anthony Hopkins, John Standing
Il cinema visionario e psichedelico di David Lynch fa qui un'operazione inversa, lascia che sia un bianco e nero elegante ed algido a raccontare una storia tragica e dolorosa che avrebbe potuto immergere in un blu elettrico o in un rosso cupo. E riesce a scendere negli inferi della natura umana raccontando la storia vera di John C. Merrick (1862-90) che, affetto da una gravissima forma di neurofibromatosi fu esibito da volgari e cinici imprenditori come un freak, un mostro buono per fiere e circhi. La dignità e la sofferenza di John, un John Hurt irriconoscibile sotto il pesante trucco ma presentissimo nella sua sofferta postura e nella voce di chi ha conosciuto la vera cattiveria del mondo, colpisce come un pugno nello stomaco, la sua cultura e la sua sensibilità sembrano essere inessenziali per una società tutta orientata all'esteriorità. Attualissima ancora oggi la denuncia di un mondo dove un "diverso" era ed è emarginato senza pietà, magistrale la partitura per amarezza e rimpianto che l'uomo elefante esegue con toccante delicatezza lungo tutta la pellicola e le scene finali, ambientate in quell'ospedale dove troverà rifugio negli ultimi anni della sua vita, sono un concentrato di emozioni che si depositano in fondo al cuore. Delle tante nominations agli Oscar neanche una statuetta, un vero affronto ad un capolavoro di arte e di umanità.
Blade Runner - 1982 - di Ridley Scott con Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos
Una città notturna e perennemente bagnata da una pioggia livida, un poliziotto stanco e disilluso, una donna sensuale e fragile. Potrebbe sembrare la trama di un qualunque film poliziesco, ma Blade Runner, ambientato in un futuro incerto e dolente e tratto da un romanzo di Philip K. Dick, ha dalla sua una regia elegante e raffinata, dei personaggi sfaccettati e profondi e una ambientazione ipnotica che ne fanno un film di altissimo spessore. La caccia ai replicanti sfuggiti al loro destino, cattivi designati e invece vittime sacrificali man mano che la storia procede è una spirale di sentimenti ed emozioni che raggiunge il culmine nel rapporto fra il poliziotto Harrison Ford e la replicante Sean Young, mentre il monologo di Rutger Hauer ("Io ho visto cose che voi umani...") è ormai entrata nella storia del cinema per l'intensità del dolore di chi è destinato a morire senza aver mai vissuto veramente. Il finale luminoso e pieno di speranza fu una scelta della produzione e infatti il "Director's Cut" uscito pochi anni fa ha un taglio più cupo. La colonna sonora di Vangelis è parte integrante del racconto, un movimento lento e struggente che accompagna la camera e Ford nel percorso buio e malinconico verso la verità.
Platoon - 1986 - di Oliver Stone con Tom Berenger, Willem Dafoe, Charlie Sheen, Johnny
Depp
Platoon è quello che si potrebbe definire il film definitivo sulla guerra del Vietnam. Tanto quanto Apocalypse Now aveva scavato nelle viscere del conflitto e con visionaria ferocia ne aveva raccontato gli orrori Oliver Stone ha il coraggio di scendere nelle trincee e guardare la guerra dal basso, senza mai alzare lo sguardo, senza andare alla ricerca di significati alti o di metafore salvifiche. La guerra è brutta, sporca, cattiva e anche chi partecipa non è sempre spinto da ideali e valori eroici. La giovane recluta volontaria Chris si troverà di fronte due realtà opposte, due superiori da cui imparare e da cui prendere le distanze per diventare uomo. E le atrocità filmate con un realismo quasi da documentario fanno dell'opera di Stone un quadro a tinte forti che si è aggiudicato ben quattro Oscar.
Il cielo sopra Berlino - 1987 - di Wim Wenders con Bruno Ganz, Peter Falk, Solveig Dommartin, Otto Sander
Due angeli scendono sul cielo di Berlino e, senza poter intervenire nelle vicende umane, osservano la sofferenza e le difficoltà di chi faticosamente cerca di vivere. Sono scene bellissime quelle che aprono il capolavoro in bianco e nero di Wenders, le voci che si sovrappongono, le emozioni che non si controllano, le pene e le gioie che intrappolano gli umani ad un destino unico ed irripetibile ci appartengono profondamente, ed i due angeli appollaiati lassù che non possono aiutarci sono la misura esatta dell'impotenza di chiunque abbia sognato di aiutare chi gli è accanto e non abbia potuto farlo. La scelta di uno dei due angeli di diventare umano per stare vicino alla donna di cui è innamorato è quanto di più poetico si possa immaginare, perché rinunciare alle proprie ali per un sogno più grande, quello del vivere una vita limitata e con un termine, ma arricchita dall'amore, non ha pari. La potenza visiva di Wenders è unica, la sua capacità di scendere nell'animo umano e scoprire silenziosamente sofferenze e speranze ha una vena malinconica che lascia senza fiato, e l'omaggio a Solveig Dommartin, sua compagna e musa dell'epoca, una scena semplicemente perfetta come quella che la vede volteggiare in altalena in un teatro vuoto è un tocco da maestro da par suo. Palma d'Oro per la miglior regia al Festival di Cannes, simbolo di qualità come pochi altri premi.
Rain Man - 1988 - di Barry Levinson con Valeria Golino, Dustin Hoffman, Tom Cruise,
Bonnie
Hunt
Raccontare l'autismo senza appesantirlo di psicologismi, indagare sulla possibilità di un giovane oberato di lavoro di trovare il tempo per fermarsi e capire il mondo misterioso e lontano di un fratello mai conosciuto che la malattia ha isolato dal mondo. Un confronto dolce e tenero che non fa sconti, perché le scene brillanti in cui Dustin Hoffman da' prova della sua stupefacente capacità matematica sono solo il contraltare per gli attacchi di panico che lo assalgono quando la sua piccola confortevole routine viene disturbata (la ricerca affannosa di un televisore dove lui possa vedere ad una certa ora il suo programma preferito fanno sorridere ma stringono il cuore al contempo). La diversità da sempre al cinema è un veicolo per grandi prove attoriali e anche in questo caso Hoffman fa del suo meglio, riuscendovi perfettamente, per creare un carattere e non un macchietta e Tom Cruise incarna perfettamente lo scetticismo e l'impazienza di chiunque debba gestire un familiare tanto problematico. La presenza di Valeria Golino, grillo parlante che insegnerà a Cruise ad amare quell'essere rabbioso e fragile, è funzionale allo svolgimento del film che metaforicamente è tutto ambientato in viaggio, perché imparare a conoscere, ed amare, chi è diverso da noi, è di sicuro il viaggio più impegnativo che possiamo compiere. Cinque premi Oscar fra cui film, regia e interpretazione maschile a Hoffman.
Gli intoccabili - 1987 - di Brian De Palma con Sean Connery, Robert De Niro, Kevin Costner, Andy Garcia
La lotta al crimine nell'America degli Anni del proibizionismo in un poliziesco di grande fascino diretto con mano felice da Brian de Palma. Un gruppo di poliziotti capitanato dal carismatico Eliott Ness di Kevin Kostner, gli Intoccabili appunto, faranno di tutto per incastrare Al Capone, un gigionesco Robert De Niro. Sparatorie, tradimenti, agguati e rese dei conti in una pellicola di ritmo e di contenuti, binomio difficile da ottenere, in cui Sean Connery da' il meglio di sé e il gioco di squadra ci fa tifare apertamente per questi uomini impegnati in una lotta impari. L'arresto di Capone, che fu notoriamente condannato solo per evasione fiscale, permette a De Niro di pronunciare all'indirizzo di Ness la famosa frase "Sei solo chiacchiere e distintivo", ma il film è tutt'altro che chiacchiere, anzi, è grandi scene, emozioni sincere e un bell'omaggio al coraggio e al rigore di uomini veri, capaci anche di morire per un'ideale. Oscar meritatissimo a Sean Connery come miglior attore non protagonista.